Con un po’ di ritardo, rispetto agli altri vini blasonati piemontesi, anche l’Ovada e il Dolcetto d’Ovada Superiore stanno raccogliendo meritati consensi. Un ritardo dovuto alla mancanza di aziende storiche o carismatiche sul territorio, rispetto alle altre zone come l’Albese e l’Astigiano. Col passare degli anni, l’Ovadese ha gradatamente recuperato posizioni. I meriti li aveva già prima degli altri Dolcetto Doc e Docg. Infatti, il Dolcetto d’Ovada è stato il primo della sua tipologia ad essere insignito con la Doc. Riconoscimento avuto nel lontano 1972. Quelli di Alba, Dogliani, Diano d’Alba e Asti sono stati insigniti due anni dopo, nel 1974.
Non solo, il Dolcetto d’Ovada possiede un importante bagaglio storico. Sin dal 1200 si susseguono compravendite di vigneti e vino dell’Ovadese. Nel Trecento il vino di Ovada è anche scambio di merci con Genova (col sale) e Milano. Negli Statuti di Carpeneto del 1458, chi tagliava una vite o un trancio, era punito con multe salate. Nei due secoli seguenti, copiose le cessioni e affitti di terre coltivate a vite e vendite di vino nel Genovesato. Addirittura nel 700 nei trattati bilaterali con Francia ed Austria, i soli vini citati erano Dolcetto dell’Ovadese e Barbera del Monferrato. Il Gallesio nei primi decenni dell’Ottocento scrisse che il vino d’Ovada, derivato dall’uva Ovadensis, non poteva essere altro che Dolcetto. Lo poneva alla pari con quello dei colli intorno ad Alba. Tornando all’attualità, a risolvere i quesiti sull’immagine del Dolcetto d’Ovada (lo stesso vale per gli altri), dovrebbero essere gli enti preposti, produttori, enotecari, ristoratori e giornalisti specializzati.
Tra le migliori iniziative recenti finalizzate alla valorizzazione e diffusione del Dolcetto d’Ovada e Ovada, c’è sicuramente deGustando Ovada. Manifestazione interamente dedicata ai due vini, promossa, da è Ovada (Viticultori Produttori Ovada Docg Alto Monferrato) in collaborazione di Go Wine, associazione da anni in prima linea per la cultura e il consumo consapevole del vino, e la valorizzazione del suo territorio, col sostegno e patrocinio di Città di Ovada, Pro Loco Ovada e dell’Enoteca Regionale di Ovada e del Monferrato. Quest’ultima, ideale location per l’esclusiva degustazione di Ovada Docg e Dolcetto d’Ovada Doc di ben sei annate, dal 2009 al 1988, di otto qualificati produttori.
Si può dire che da almeno un decennio, il Dolcetto d’Ovada non è mai stato così buono.
Forse non tutti sanno che il Dolcetto d’Ovada e, ancor più l’Ovada Docg, è quello che ha più longevità. Alla sinistra dell’Orba, per via delle particolari condizioni pedologiche, i vini hanno maggiore struttura rispetto alla parte sinistra che, supplisce con profumi più fini ma meno compositi. Deve tornare a primeggiare sulle tavole dei consumatori piemontesi, liguri e, in parte, lombardi. La ragione è presto detta: il Dolcetto d’Ovada e l’Ovada hanno il dono di farsi apprezzare quotidianamente. Inoltre si abbinano a primi e secondi piatti della cucina piemontese e ligure, nonché a quelli similari delle altre cucine regionali.
I due disciplinari in sintesi:
Dolcetto di Ovada - Il riconoscimento D.O.C. l’ottenne con D.P.R. del 1° settembre del 1972.
Dolcetto d’Ovada - Resa massima di uve per ettaro: 8 tonnellate. Titolo alcolometrico volumico minimo totale: 11,5%.
Dolcetto di Ovada Superiore o Ovada - Il riconoscimento D.O.C.G. l’ottenne con decreto del 6 luglio 2005 e pubblicazione sulla gazzetta ufficiale n. 1229 del 30 settembre 2008.
Caratteristiche organolettiche generali del Dolcetto di Ovada
Aspetto: limpido, di colore rosso rubino con tonalità violacea da giovane, tende al granato con l’invecchiamento. All’olfatto si presenta fragrante, vinoso e fruttato da giovane, affinandosi diventa intenso e persistente, fine, con sentori di piccoli frutti rossi di bosco (ciliegia e mora mature) e, lieve, di mandorla amara. Al sapore è asciutto e un po’ ruvido da giovane, affinandosi (2-3 anni), diventa secco, sapido, delicatamente caldo, con piacevole vena tannica, pieno e persistente. Evoluzione: nelle annate buone, può raggiungere tranquillamente 6-8 anni e più.
Il vitigno dolcetto
Vigoria vegetativa: leggermente inferiore alla media, richiede una potatura non troppo lunga. Produttività: buona, ma non molto costante. Foglia: piccola, pentalobata, con colorazione rossa in prossimità dell'attacco del picciolo. Grappolo: di forma piramidale, lungo, con acini di media grandezza, rotondi e di colore blu tendente al nero. Epoca di maturazione: metà settembre.
Il tasting con le mie personali valutazioni
Carasoi 2009 Facchino - Presentato da Diego Facchino - Riccagrimalda
Orchestra 2009 I Pola - Presentato da Carlo Ricagni - Cremolino
Ansè 2007 Alemanni - Presentato da Annamaria Alemanni - Tagliolo Monferrato
Castagnole 2006 Castello di Tagliolo - Presentato da Luca Pinelli Gentile - Tagliolo Monferrato
Moongiardin 2006 Cà Bensi - Presentato da Federico Robbiano - Tagliolo Monferrato
Sant’Evasio 2003 Gaggino - Presentato da Gabriele Gaggino - Sant’Evasio d’Ovada
Gamondino 2000 La Guardia - Presentato da Graziella Priarone - Morsasco
Vigneto Ninan 1998 Rossi Contini - Presentato da Annalysa Rossi Contini - San Lorenzo d’Ovada
Limpido, di colore aranciato. Al naso è abbastanza intenso, persistente e fine, un po’ etereo, con sentori di fiori rossi secchi, frutti rossi selvatici un po’ avvizziti, cannella e cacao. In bocca è appena fresco e sapido, ancora piacevolmente tannico, sufficientemente pieno e continuo. Molto maturo.
La presentazione delle aziende e la degustazione guidata degli otto vini è stata curata dal bravo giornalista Alessandro Franceschini di Spirito diVino.
Nella foto: i produttori dei vini degustati con Alessandro Franceschini
Virgilio Pronzati, giornalista specializzato in enogastronomia e già docente della stessa materia in diversi Istituti Professionali di Stato...
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