Pierluigi Lugano, spesso conosciuto come Bisson (cognome della moglie scomparsa) dell’omonima enoteca, è quanto mai attento, puntiglioso e propositivo. Dopo Abissi, lo spumante maturato in fondo al mare del Tigullio, ha creato un altro prodotto che, seppur diverso dalla già varia gamma di vini, ha profonde radici nel territorio ligure. Si tratta di un vino di mele, conosciuto da secoli come sidro. Una bevanda moderatamente alcolica, dolce o secca, derivata dalla fermentazione delle mele. Frutto presente in varie parti del mondo, diffuso secoli fa dagli Arabi. La Francia, com’è successo per i vini, ha valorizzato e diffuso il sidro in tutta Europa, facendo la fortuna della Normandia. In questa regione settentrionale francese, la vendita di Sidro e del Calvados, distillato del Sidro, assieme al turismo, rappresenta la maggior fonte di reddito.
Oltre la Francia, il Sidro è prodotto in Germania, Spagna, Portogallo, Belgio, Regno Unito, America del Nord, Canada e Italia, nelle regioni Piemonte e Valle d’Aosta. Dopo il boom del Sidro avvenuto in Inghilterra nel Settecento, la Gran Bretagna rimane ai primi posti nei consumi. Un business che ha convinto le maggiori case europee di birra a destinare al Sidro una cospicua fetta della loro produzione.
In Liguria, in particolare nel Genovesato, il Sidro era ed è chiamato Vin de meie. Da quelle mele spesso un po’ piccole e irregolari e selvatiche come a Sarvaega de Casella, a Gianchetta e a Garbuçinn-a, i contadini locali dopo averle schiacciate con un martello di legno, le versavano in una botte e le facevano fermentare, aggiungendo acqua tiepida e zucchero. Finita la fermentazione, travasavano il liquido in un altro contenitore, lo lasciavano illimpidire qualche giorno, e poi l’imbottigliavano.
Chi non aveva vigna, lo consumava come vino dolce e frizzante al posto del Moscato. Una gradevole bevanda data anche ai bambini. Per anni ha bene accompagnato prima il castagnaccio, e poi il latte dolce fritto. Tornando al Vin de Meie, Pierluigi Lugano lo ha presentato alla Brinca, rinomato ristorante della famiglia Circella in Val Graveglia, da anni punto di partenza delle maggiori iniziative enogastronomiche regionali e non. La curiosa l’idea di produrlo gli è stata data da Stefano Rolli, vignettista de Il Secolo XIX (da qui il titolo dell’articolo), cosi pure le mele raccolte nel suo orto, per realizzare la prima piccola produzione di Vin de Meie.
Sergio Circella patron della Brinca, regista della serata, ha presentato ai numerosi ospiti, il prodotto e i suoi autori. Stefano Rolli nel suo intervento, racconta di come il sidro era popolare nelle nostre campagne, fatto con le mele di seconda scelta. Quelle belle erano vendute nel mercato di Genova. Segue l’intervento tecnico dell’enologo Enzo Michelet dello studio di analisi e consulenze enologiche di Conegliano Veneto: < Le mele frantumate sono poi torchiate. Il succo ottenuto dopo la filtratura, è fatto fermentare per 3-4 giorni in un recipiente d’acciaio inox. Dopo il travaso e messo in bottiglia, dove rifermentando, esprime la gradevole effervescenza >. Infine è la volta di Pierluigi Lugano che, toccando il preoccupante argomento del consumo dell’alcol tra i giovani, sostiene la validità del Vin de Meie. Assolutamente naturale, poco alcolico, da abbinare a vari piatti e fuori pasto, nonché aperitivi, potrebbe essere gradito anche a quella fascia d’età.
Terminati gli interventi, il suono della ghironda dei Roscigneu Sarvaego, la degustazione con tanto di scheda organolettica e su altre considerazioni (gradevolezza, possibile prezzo di vendita e abbinamento con cibi).
Personalmente, lo ritengo un prodotto piacevole, delicatamente floreale e fruttato, secco, fresco e sapido, leggero ed invitante. Godibile non solo d’estate, che si sposa ad antipasti freddi e caldi di terra e di mare, pizza, focacce e torte di verdure, primi piatti con salse leggere (di pomodoro, funghi e di pesce) e secondi di pesce, anche in zuppa, rigorosamente in bianco.
Nel corso della simpatica serata, il professor Massimo Angelini ha presentato la sua ultima opera: L’enigma Garibaldo (edito da Pentàgora), un’avvincente cronaca inedita che racconta la storia segreta della Val Graveglia.
Ecco i piatti e i vini della riuscita serata:
Torta di riso, panissa, prebuggiun di Ne e baciocca abbinati a Il Germoglio Bianchetta vivace 2012 (rifermentato in bottiglia sui lieviti di Abissi) di Bisson.
Intermezzo con degustazione alla cieca di un sogno fatto da Stefano Rolli
Corzetti integrali con funghi selvatici e le noci al nero di trombette (nuovo piatto 2013) accompagnati al Golfo del Tigullio - Portofino Ciliegiolo 2012 di Bisson.
Cima di vitello al forno alla levantina sposata al Golfo del Tigullio - Portofino Cimixà 2012 di Bisson.
Chicherina, San Stè, Cabanin, Sarassu di capra e caprino stagionato di Sopralacroce con la confettura di cipolla rossa di Zerli abbinati al Golfo del Tigullio - Portofino Rosso Musaico 2011 di Bisson.
Dulcis in fundo con torta soffice di castagne col suo gelato sposato al Maccaia Cimixà Passito 2010 di U Cantin.
Nella foto: Pierluigi Lugano
Virgilio Pronzati, giornalista specializzato in enogastronomia e già docente della stessa materia in diversi Istituti Professionali di Stato...
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