Origini e storia
Il vitigno Simixà (o Scimiscià) era già coltivato nell’entroterra del levante genovese sin da almeno quattro secoli. Di tali testimonianze purtroppo non c’è traccia, poiché molti scritti sul vitigno e sul vino sono andati persi. Sue notizie scritte, le troviamo nella seconda metà dell’Ottocento. Tra i vari vitigni presenti nel circondario di Chiavari, oltre i già noti Vermentino e Albarola, c’era il Simixà, chiamato allora Cimiciato dal G.B.Arata, nel bollettino agrario del febbraio 1882. Un vitigno non molto produttivo ma certamente qualitativo, dalle cui uve si otteneva un buon vino. Non solo, ma con loro si miglioravano i mosti locali. In Val Fontanabuona era il vitigno dominante. Altre importanti informazioni ci vengono da C. Garibaldi, un proprietario terriero di Pontori, in Valgraveglia. Nei suoi “Ricordi al Padrone e Doveri da Manenti” scritti tra il 1802 e il 1822, annota”…non ti scordare la Moscatella, Vermentino, e Cimixiaro che (l’uva) la fan migliore”. “Le vigne principali da coltivarsi in Garibaldo sono le Brazole, Rolli, uve bianche, Pignoli, uve nere e, Bessari, che ne fan molte. Ma le migliori di sapori, che però ne fan poca, sono le Moscatelle, che van coltivate al sole e non confuse colle altre vigne perché seccano, Vermentino, Cemixiaro, Boccadoro, Augustana”.
Il recupero
Passando a tempi più recenti, oltre il recupero del vitigno, è stato fatta una piccola quantità di vino, di cui i risultati sono stati molto positivi. Nel 2003, promossa dalla Comunità Montana Fontanabuona nell’ambito del locale Expo, si è tenuta una presentazione-degustazione di Simixà secco e passito, nella quale sono emerse testimonianze dirette sul vitigno e sul vino, e la conferma della qualità dei Simixià degustati. Un risultato di rilievo, che va dal recupero di vecchi filari di Simixà donati da Marco Bacicalupo (per anni portabandiera e pioniere del Simixà), reimpianti sperimentali e ricerche clonali, durato oltre un lustro, ottenuto col sostegno dell’ente citato e dalla fattiva opera della Cooperativa Agricola San Colombano, per mezzo dell’agronoma dr Silvia Dellepiane, e lo studio (ampelografico) del dr Lorenzo Corino docente dell’Università di Agraria di Torino. Un complesso e minuzioso lavoro che ha permesso di far iscrivere il Simixà, al Registro nazionale dei vitigni, presso il Ministero Politiche Agricole e Forestali. Quindi previe verifiche sul vino, il vitigno può entrare far parte di quelli raccomandati o autorizzati per la provincia di Genova.
Sostegno e ricerca: progetto”Il ritorno dello Simixà o çimixà
L’ultimo atto, recentissimo (21/4/2005), è stato la costituzione del Comitato Promotore per il Recupero e la Valorizzazione del Patrimonio Varietale di Vite del Genovesato, costituito dalla Provincia di Genova, dalla Comunità Montana Fontanabuona, dalla Cooperativa Agricola San Colombano, dagli agriturismo Da u Cantin e Valle Chiappella di San Colombano e dall’azienda agricola Nervo di Coreglia Ligure.
L’onere economico è della Provincia di Genova, rappresentata dall’Assessore all’Agricoltura Marina Dondero. Lo stanziamento complessivo ammonta a 13.000,00 euro di cui 10.790,00 per il primo anno, così ripartiti: l’acquisto di 2000 portinnesti “1103” Paulsen (in seguito innestati, in quanto le marze di Simixà del vigneto di Cassottana presentavano delle virosi); la termoterapia per il risanamento delle viti da cui prelevare le marze, eseguito dall’Istituto sperimentale per la viticoltura di Asti; l’affitto di un locale per appassire le uve; le spese per la vinificazione; il rimborso alla Cooperativa San Colombano per le spese di gestione degli interventi. Altra fonte di sostegno verrà dalla Comunità Montana Fontanabuona, che concorrerà con circa 5.000,00 euro per le spese di manutenzione del vigneto di Cassottana, indispensabile per la produzione di barbatelle non certificate e per la produzione d’uva, fino a quando non ci sarà l’inizio produttivo dei vigneti dei tre agricoltori (agriturismo).
Una scoperta interessante e curiosa
Nell’ambito della presentazione del Progetto “il recupero dello Simixà” (o çimixà) e della costituzione del Comitato Promotore per il recupero e la Valorizzazione del Patrimonio Varietale di Vite del Genovesato, svoltesi nella Sala del Consilio della Provincia di Genova, dopo il saluto del Presidente della Provincia di Genova Alessandro Repetto e quello del Presidente della Comunità Montana Fontanabuona Giovanni Francesco Arata, l’introduzione ai lavori dell’Assessore all’Agricoltura Marina Dondero e del Responsabile dell’Ufficio “Promozione territoriale - Agricoltura” della Provincia Gian Carlo Stellini, ci sono stati gli interessanti interventi del dr Lorenzo Corino Direttore della Sezione Operativa Periferica di Asti dell’Istituto Sperimentale per la Viticoltura, della dott.sa Silvia Dellepiane agronomo della Cooperativa Agricola di San Colombano, del prof. Mario Fregoni Direttore dell’Istituto di Frutti-Viticoltura della Facoltà di Agraria dell’Università Cattolica di Piacenza e dei dott. Alberto Vercesi e Silvia Vezzulli della medesima Università. Quest’ultimo, interessantissimo, ha chiarito in modo esauriente l’origine dello Simixà. Dagli apici vegetativi e giovani foglie di 20 ceppi di simixà e di vermentino prelevati dai dott. Stellini e Dellepiane, la Vezzulli (in collaborazione dei dott. Stella Grando e Josè Vouillamoz) ha eseguito l’esame del DNA. In pratica, l’analisi genetica per la caratterizzazione varietale, impiegando 11 microsatelliti, ossia studiando altrettanti punti del genoma soggetti a frequenti variazioni. In aggiunta a questi, ne sono stati valutati altri 33, per un totale di 44, al fine di eseguire un’identificazione clonale nell’ambito della popolazione di Simixà o çimixà, in quanto tale varietà presentava due biotipi: con grappolo grande e grappolo piccolo. Confrontando il DNA dei due vitigni, è emerso che essi sono diversi tra loro, ma che il profilo genetico del Simixà coincide con quello della varietà “Genovese”. Un vitigno collezionato in Corsica (Aleria) da un anonimo ricercatore dell’Università di Davis in California. Una scoperta che ha basi accreditate: infatti la Corsica appartenne a Genova per ben 421 anni. Tornando al convegno, al termine degli interventi i numerosi presenti hanno potuto assaggiare in anteprima, sia il Simixà secco che Passito; due vini di ottima qualità (illustrati da chi scrive) felicemente sposati alle golosità preparate dall’Associazione di ristoratori “Val Graveglia a Tavola”.
Ecco dagli assaggi effettuati (dal dr Silvia Dellepiane, dall’onavista Adriano Silvestrin e chi scrive) nella Sala Assaggi della Camera di Commercio di Genova, le caratteristiche dei due vini: Simixà 2002 – Alcol: 12%. Aspetto: limpido. Colore: giallo paglierino scarico con lievi riflessi verdolini. Profumo: abbastanza ampio, intenso e persistente, fine, con sentori di nocciola fresca e, lievi, di pesca bianca non ancora matura e sottobosco. Sapore: secco, fresco e sapido, delicatamente caldo, discretamente pieno, continuo. Di buona armonia. Simixà Passito 2002 – Alcol:15,4%. Aspetto: limpido. Colore: giallo dorato intenso con lievi riflessi ramati. Profumo: ampio, intenso e persistente, fine, con netti sentori fruttati (vi si coglie la mela cotogna e la pesca bianca giustamente mature e, lieve, di seme di pesca. Sapore: dolce ma fresco e sapido, caldo, pieno, continuo, di ottima persistenza aromatica.
Virgilio Pronzati, giornalista specializzato in enogastronomia e già docente della stessa materia in diversi Istituti Professionali di Stato...
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