E’ un piacere leggere il dettagliato ed appassionante racconto del viaggio di Linda Pushell in Sud Africa. Linda oltre che amica è un’assaggiatrice di vino dell’ONAV. Non solo: oltre alla vasta cultura ha calcato i palcoscenici di noti teatri nazionali con seguite narrazioni ed avvincenti racconti.
ENJOY SUD AFRIC
di Linda Pushell
Una trentina d’anni fa andai per la prima volta in Sud Africa, con mio marito che, come agente, vendeva ardesia italiana della Fontanabuona per fabbriche di biliardi e fu amore a prima vista! Da allora, quando capitava di doverci tornare, eravamo entrambi al settimo cielo, anche se non sempre riuscivamo ad unire l’utile al dilettevole. Il lavoro si svolge prevalentemente nell’immensa e popolosa Johannesburg, di quasi sei milioni di abitanti, da sempre la capitale commerciale del Sudafrica, un po’ come la nostra Milano, con un intenso traffico su autostrade anche di dodici corsie. Comunque, aveva ed ha tuttora il suo fascino perché ci sono un po’ ovunque delle zone verdeggianti e tranquille dove sembra di essere in campagna piuttosto che in una metropoli. L'attività della giornata inizia molto presto e si va a letto con le galline.
La gente è educata, rispettosa e amichevole e anche nel mondo del lavoro i sudafricani sono rilassati, accomodanti e non competitivi, con dei ritmi tutt’altro che milanesi. Rispetto a noi, decisamente meno “social”, ma più socievoli, dedicano molto tempo a ogni genere di sport e generalmente sono molto semplici ed essenziali sia negli atteggiamenti che nel vestire, senza fronzoli e l'ossessione italiana per la moda e la dieta, lì ci sentiamo magri… Gli uomini, anche negli uffici, in banca o negli incontri di lavoro, non indossano giacca e cravatta e le donne, anche se ancora giovani, pare si facciano un vanto di non tingersi i capelli ed essere “nature”. Al contrario alle donne di colore piace vestire in modo eccentrico e tingersi di biondo.
C’è un periodo tra ottobre e novembre, che è la loro primavera, in cui la città è particolarmente suggestiva perché si colora di un blù/lilla intenso, per la fioritura dei Jacaranda che sono alberi bellissimi e anche lo scorso anno abbiamo avuto la fortuna di ammirarli. Johannesburg, chiamata affettuosamente Jo’burg dai suoi abitanti, ha un’altitudine di 1753 mt, per cui l’aria è piacevolmente frizzante, come in montagna. I primi giorni dopo il nostro arrivo, per tradizione, rimaniamo sempre a Sandton, nel cuore di Johannesburg a ritrovare posti familiari, ma sempre un tantino… diversi con qualche grattacielo avveniristico che prima non c'era, perché lì le cose cambiano in fretta e fortunatamente anche la qualità della vita dei neri che è molto migliorata e tutelata dal governo. Nel cuore di Sandton, si erge una gigantesca statua di Nelson Mandela, primo Presidente della Repubblica nero che ha dedicato la sua vita a lottare per l’uguaglianza ed è riuscito a rovesciare l’apartheid.
Questa volta anche il Club Italiano, che è una delle prime mete che ci piace raggiungere, nel frattempo è totalmente cambiato, ingrandito e migliorato con un nuovo Ristorante “Il Settebello”, dove si respira ancora la simpatica e calorosa atmosfera da Italiani all’estero. Il cibo è italiano per modo di dire…, ma il nutrimento per l’anima, quello sì, è garantito e ricorda l’Italia di una volta. Le ore a tavola volano e i pranzi assomigliano a quelli che si fanno qui ormai solo a Natale: si scambiano idee, racconti, nostalgie, emozioni e… brindisi!
Premetto che quando siamo all’estero, generalmente non cerchiamo mai il cibo italiano, ma siamo piuttosto incuriositi di assaggiare quello locale. Se, come questa volta, si va a cercare dei ristoranti italiani è esclusivamente per conoscere la storia, sempre interessante, dei loro proprietari, che hanno avuto il coraggio di lasciare il loro Paese e affrontare l’incognito. Normalmente tornano in Italia almeno una volta all’anno per visitare parenti ed amici, ma nessuno è tentato di ritornare in maniera definitiva. Sanno che purtroppo, nel frattempo, nel nostro bel Paese, che tutti ci invidiavano, le cose sono cambiate e che ora ci vuole più coraggio a restare che ad andarsene.
Nei ristoranti italiani, il cibo non è molto importante per noi e ci asteniamo dal criticarlo perché spesso è volutamente “storpiato” per andare incontro a quelli che sono i gusti dei sudafricani.
Ma se sul cibo possiamo glissare, sul vino siamo irremovibili e siccome quello italiano che circola in Sud Africa è spesso di bassa qualità, a scanso di delusioni, optiamo sempre per il vino sudafricano. Così anche al Settebello, quando ho sentito propormi un Vermentino, dopo un momento di smarrimento, nonostante la poca confidenza con i nostri ospiti, ho buttato là: …” e se facessimo un connubio Italo/Sudafricano?” In realtà era già previsto, perché il Vermentino in questione era proprio Sudafricano, una graditissima sorpresa, di qualità eccezionale!
Si chiama Ayama, che in lingua Xhosa vuol dire “qualcuno su cui contare” ed è entrato nella storia del mondo del vino del Sud Africa, grazie a una coppia di friulani doc, Michela Sfiligoi e Attilio dal Piaz, che nel Western Cape hanno aperto una Wine Farm e hanno importato delle gemme di Vermentino di Gallura che con un processo molto lungo hanno fatto nascere una vera “perla”
Oltre al Vermentino producono il Carignano rosso, lo Chenin e il Pinotage già presenti e il marito, che è agronomo, coltiva l’olivo e ha organizzato un piccolo orto di melanzane, radicchio, pomodori e carciofi. Quest’ultima coltivazione si è trasformata in una produzione commerciale e dal 2018 organizza persino un Festival, con giornate dedicate all’assaggio di tante ricette a base di carciofi.
Il Sud Africa ha una storia vinicola in continuo sviluppo e forte crescita, ma il mondo del vino, rispetto all’Italia, è ancora piccolo, la produzione è molto più limitata e con meno aziende.
Durante il nostro ultimo soggiorno abbiamo cambiato diverse sistemazioni, tutte carine e confortevoli. Siamo passati dai cottages in AirBnB English style con le tipiche Bow Windows arrotondate inglesi, a quelli più Dutch e ai lodges tipici africani, tutti immersi nel verde dei parchi o giardini, dominio di una incredibile varietà di uccelli che volano liberi da una mangiatoia all’altra e saltellano sul prato in cerca di cibo, noncuranti della nostra presenza. È stato per tutto il tempo un piacevolissimo “bird watching” comodamente seduti fuori o dentro, dietro le vetrate ed è straordinario come non abbiano alcun timore dell’uomo e quando si cammina a malapena si scostano. L’avevamo già notato in passato quando entravano addirittura in casa dalla porta del terrazzo. Ma questa volta non abbiamo avuto la possibilità di stare all’aperto un granché, anche perché il clima è totalmente cambiato. Sembrava più autunno che primavera e pioveva quasi ogni giorno, un bene per l’acqua che è preziosa, anche per i prati sempre più English, ma un po’ meno per l’umore. È la prima volta che trovavamo a novembre un tempo simile, anomalo come il clima da noi, ma all’incontrario.
Quasi ovunque avevamo la comodità di cucinare, ma all’inizio la cucina, in pratica, l’abbiamo usata poco, perché il maggiore divertimento, anche economico, è provare i numerosi ristoranti delle varie etnie, che ci hanno sempre incuriosito, come quella greca, tra le mie preferite, l’indiana, la portoghese, la messicana, etc. etc.… l’imbarazzo della scelta. C’è da stare però attenti a quelli che si definiscono Italiani e che invece non lo sono, lo si capisce persino dai ridicoli strafalcioni che ci sono nei menu.
I fornelli sono principalmente elettrici, perciò se si decide di cucinare bisogna stare attenti all’orario, perché da più di due anni i sudafricani hanno a che fare con blackout giornalieri della corrente, che può variare ogni giorno sia nell’orario che nella durata. Non è un problema da poco se pensate che va tutto a corrente elettrica, perché non hanno distribuzione di gas. Dicono sia dovuto a una cattiva manutenzione degli impianti causata, guarda un po’, dall’immancabile corruzione dei politici che non fanno nulla per migliorarla. La razza è “quella” e ahinoi, globalizzata!
Quando si stabiliva di mangiare a casa, ci divertivamo ad andare nei vari supermercati a fare la spesa, anche perché ciò ci faceva sentire più abitanti che turisti. Generalmente, adiacente al market, c’è sempre un negozio specifico per alcolici e superalcolici dove si trova una vasta selezione di vini locali ed esteri. Benché il costo della vita laggiù sia quasi la metà e i prezzi per noi italiani siano molto convenienti, i vini di ottima qualità hanno un certo costo, ma sempre meritato.
Noi questa volta, sia per il clima che per la curiosità, abbiamo voluto addentrarci nella grande varietà dei Sauvignon blancs che generalmente sono di alto livello, ampi e freschi sia all’olfatto che al gusto, con una bella armonia e una buona acidità che, a volte, è carente negli altri tipi di vino. Alcuni mi hanno conquistata, come il Kleine Zalze con un intenso aroma di frutti tropicali, l’Oyster Catcher (beccaccia di mare nera) da Capo Agulhas e il Passion Fruit Sauvignon che, il nome lo dice, richiama al gusto il frutto della passione. Non bisogna scandalizzarsi se i vini bianchi hanno il tappo a vite, usano così anche per bottiglie pregiate, almeno non sanno di tappo…
Ci sembrava strano, in piena primavera, trovare alberi, addobbi e dolci natalizi, compreso il “Genoa Cake” che da noi non si è mai visto, ma che ricorda invece lo Zelten del Trentino-Alto Adige.
Al sabato, per tradizione, non mancavamo di andare all'Organic Market, un mercatino un po' naif, che tratta artigianato, prodotti naturali, anche alimentari e propone vari punti di ristoro con cibo etnico. Ci siamo fermati per la prima volta in quello italiano, più che altro per sentire la storia di chi lo gestisce, una signora metà pugliese e di mamma bolognese che propone lasagne, arancini, melanzane alla parmigiana etc. Quando ci si presenta da Italiani, il “welcome” è assicurato ed è come se ti aspettassero, si instaura subito un rapporto di empatia e confidenza, ti aprono il cuore e il libro della loro vita.
Dopo un mese a Johannesburg, siamo tornati, dopo circa vent’anni, sulla Garden Route, tra Cape Town e Port Elizabeth, a trascorrere il nostro primo Natale estivo, che assomiglia al nostro Ferragosto, un’esperienza nuova che ci incuriosiva.
I posti sono come ce li ricordavamo: una natura fantastica, panorami mozzafiato, un tripudio di colori! Alla maestosità dell’Oceano, preferivamo la vista incantevole e più tranquilla della laguna marina, con lo sfondo delle montagne che ricordano le Dolomiti e il fenomeno quotidiano delle maree.
Gli uccelli anche là non mancano, ce ne sono di tutti i tipi e ovunque fanno da colonna sonora. L’ambiente è idilliaco e armonioso, la gente è molto accogliente, spontanea e sembrano tutti felici, come nelle illustrazioni delle copertine delle riviste degli Hare Krishna o dei Testimoni di Geova. Molto spesso si incontrano coetanei che hanno lo stesso look dei figli dei fiori dell’epoca, ormai sono nonni, hanno lunghi capelli bianchi ma conservano la stessa leggiadria. È entusiasmante essere circondati da tanta solarità e da sorrisi contagiosi! Chissà, forse sarà così anche per quel termine ”Enjoy”, cioè “gioisci”, ripetuto nell’arco della giornata come un mantra da tutti, da chi ti serve una pietanza, un gelato o un semplice caffè o da un Uber, a fine corsa, per augurarti un buon giorno.
In quella parola è racchiuso il segreto del buon vivere: gioire di ogni piccola cosa, di ogni momento della giornata senza guardare indietro, né troppo avanti. All’inizio ero perplessa, mi sembrava un’espressione un po’ eccessiva, ma poi ho capito che era giusta, perfetta, mi piace sentirmela dire e a mia volta la ripeto volentieri ad ogni occasione, perché sento che fa bene a chi la pronuncia e a chi l’ascolta.
È stato un regalo speciale, la mattina di Natale, aprire la tenda della vetrata del soggiorno e vedere tre scimmiette che ci guardavano e che avevano l’aria di autoinvitarsi per il breakfast, mentre il giorno dopo, la stessa scena con una coppia di uccelli, simili ai pavoni, Un’altra bella emozione è stata quella di vedere più volte nella laguna di Knysna, una creatura saltare fuori dall’acqua che sembrava un delfino e scoprire che invece era una foca che ogni anno, nello stesso periodo, si aggira nella laguna. La natura lì è forte ed esaltante e noi, che non ci siamo abituati, ci divertivamo come bambini, a vedere che gli animali selvatici non hanno alcuna soggezione degli uomini e speriamo che invece l’uomo non rovini anche questo paradiso.
Ogni sabato, a Sedgefield, una tranquilla località, sempre sulla laguna, ha luogo un bellissimo grande mercato all’aperto dove confluiscono tutti i farmers della zona per proporre i loro prodotti genuini, latticini, verdura, frutta, carne e persino le deliziose ostriche selvagge che si possono gustare sul posto. Infatti, ci sono diversi stands gastronomici, quello greco, tedesco, francese, italiano etc. etc. dove si possono trovare specialità europee da consumare sul posto o take away. È un punto di ritrovo fra amici, la gente è allegra, sorridente, alcuni camminano scalzi e quasi tutti tornano a casa con dei bei mazzi di fiori, generalmente protee, che è il fiore tipico sudafricano.
Qui casualmente, davanti a un piatto di ostriche, abbiamo incontrato una coppia di Cape Town in vacanza che ci ha incoraggiato ad unirci al loro tavolo. Dopo due chiacchiere, soprattutto sul vino, di cui sono anche loro appassionati, ci siamo scambiati i numeri del telefono e il giorno dopo abbiamo ricevuto un invito per un aperitivo a casa. In quell’occasione abbiamo conosciuto “Miss Molly Bubbly” Methode Cap Classique Brut, piacevolmente spumeggiante come il suo nome, ma non solo… e tra gli altri, anche uno Chenin “Donkiesbaai della Costa Occidentale dagli intensi sentori di frutta, come mela cotogna e ananas, molto persistenti anche al palato.
Durbanville è una zona vinicola vicina a casa loro. Questa zona è conosciuta per i suoi speciali Sauvignon Blancs, favoriti dai venti freddi dall’Oceano Atlantico.
Anni fa abbiamo fatto una memorabile sosta enogastronomica a Stellenbosch, a 50 Km da Città del Capo e una visita alla fattoria Spier, una delle più antiche e premiate cantine delle Cape Winelands. La loro terra è coltivata con l’obiettivo di creare un ecosistema diversificato ed equilibrato con impatto minimo sull’ambiente e i loro vigneti biologici prosperano con vitelli e polli allevati al pascolo.
A proposito di polli, proprio in Sudafrica, dopo tanto tempo, siamo riusciti a ritrovare il gusto del pollo di una volta, quando trionfava sulle nostre tavole la domenica e veniva preparato anche “alla cacciatora” perché non c’era il rischio che non tenesse la cottura e diventasse inconsistente. Una delle cose che allora ci aveva stupito e abbiamo particolarmente ammirato dei vigneti, è la coltura delle rose all’inizio dei filari, che hanno la funzione di prevenire “l’attacco di malattie” sulla vite e sono una magnificenza per gli occhi.
Ritornando alla nostra nuova conoscenza, con cui condividiamo il fascino del mondo del vino, tra poco la moglie festeggerà il suo sessantesimo compleanno nella fattoria vinicola “Black Oystercatcher” che produce ottimi vini. Anche noi siamo invitati ma, purtroppo o per fortuna, non è proprio dietro l’angolo, così speriamo di recuperare un’altra volta, per conoscerci meglio e scoprire le aziende che ci hanno consigliato di visitare.
Nuove esperienze ci aspettano, ma i ritmi sudafricani sono lenti e richiedono più tempo che altrove. Perciò la prossima volta faremo in modo di prolungare il soggiorno, si vedrà…. abbiamo imparato a vivere alla giornata e compreso che a volte è la vita stessa che ci viene incontro a suggerirci i passi da compiere, così tiriamo su le antenne sperando di avere delle buone ispirazioni…
Ho letto che dal mal d’Africa non si guarisce, ma che la cura è il ritorno… e allora ritorneremo per poter ancora “ENJOY”!
Fonte news: Linda Pushell
Virgilio Pronzati, giornalista specializzato in enogastronomia e già docente della stessa materia in diversi Istituti Professionali di Stato...
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