"Del maiale non si butta via niente", saggezza popolare ancora valida? Assolutamente si, la prova l'abbiamo fatta pochi giorni fa, quando abbiamo partecipato alla lavorazione di questo animale tanto caro alla nostra tradizione culinaria e alla nostra cultura, a cominciare dal dispregiativo 'porco!' fino ad arrivare ai recenti festeggiamenti per Sant'Antonio Abate, nei pressi di Roma definito quello 'con il porco' per distinguerlo da quello 'con il giglio' patrono di Padova.
Salsicce, salami, collo, arista, filetto, zampone, coppa/soppressata, culatello, ventresca, lardo, strutto, 'ndujia, ciccioli, sanguinaccio/buristo, zampetti, prosciutti, cotiche, fegatelli e chi più ne ha più ne metta, come in una moltiplicazione sebbene i nomi dei fattori/prodotti cambino in base alla regione di lavorazione il risultato finale e soprattutto il loro numero non cambia. La qualità moltiplicativa si applica poi ulteriormente nell'utilizzo di alcuni di queste specialità, quelle che diventano parte integrante di piatti a più ingredienti e quindi salsicce e fagioli, fagioli con le cotiche, pane o pizza con gli sfrizzoli (ciccioli, ovvero quello che rimane dall'estrazione dello strutto), zampone o cotechino con lenticchie e ancora una volta chi più ne ha più ne metta. Il maiale è quindi anche il re degli affettati, dalla sua carne nascono prelibatezze costose come il culatello e gustose specialità economiche come la coppa.
Basterebbe tutto questo a far pensare al maiale come al vero amico dell'uomo, quello dal quale non ci possiamo separare nel nostro sistema culturalculinario. L'esperienza di veder nascere salami, salsicce, ciccioli e quant'altro appena accennato rappresenta in effetti un'esperienza unica nella quale si può imparare molto, conoscendo di più e meglio quello che mangiamo, avendo la possibilità di scegliere con più cognizione le cose da mettere in tavola (bandendo il prosciutto cotto che tra l'altro è incomprensibilmente costoso) e, per chi non sviene alla vista del sangue, partecipare attivamente alla realizzazione del 'nostro' salame e delle 'nostre' salsicce.
Partendo dal giorno dopo l'uccisione, che fortunatamente è molto meno traumatica di qualche tempo fa, ci troviamo di fronte il nostro amico maiale diviso in due metà pronto ad offrirci tutto, davvero tutto di sé stesso. La testa e parte della pelle vanno a finire subito in un pentolone che comincia a bollire e bollire, alla fine di qualche ora di cottura da queste parti meno nobili dell'animale nascerà la soppressata se siamo in Toscana o la coppa se siamo nel Lazio e nei dintorni. Nel frattempo è stato già messo al sicuro il sangue che servirà per il buristo o sanguinaccio, sempre in base alla zona di produzione, una specie di salsiccia condita solitamente con cioccolata, uva passa e pinoli che nel primo caso viene poi cotto in padella mentre nel secondo è mangiato come un insaccato classico.
La lavorazione passa poi a recuperare le carni non utilizzabili singolarmente, queste diventano la 'base' delle salsicce e dei salami, alle prime viene aggiunto del grasso prima della macinazione mentre per i secondi il lavoro di cesello è quello di realizzare piccoli dadi di lardo da inserire nell'impasto prima di riempire i budelli. Per i salami fondamentale è quindi la fase successiva, ovvero il 'massaggio' della carne una volta condita con pepe e odori vari in base alla regione. L'impasto va spalmato e schiacciato manualmente sul piano di lavorazione in modo da amalgamare condimento, grassetti e carne e soprattutto eliminare il più possibile eventuali bolle d'aria all'interno, da esse nascono i problemi di stagionatura.
La coscia posteriore viene quindi schiacciata e articolata manualmente per far uscire tutto il sangue dal suo interno che potrebbe essere fonte di impurità e quindi marcire durante il periodo di maturazione. Mentre ai salami dopo l'insaccamento non rimane che essere appesi, il prosciutto necessita di altre operazioni come la salatura e il successivo condimento con pepe e altri ingredienti prima di raggiungere appunto i cugini e la ventresca già a penzoloni in un ambiente fresco, non troppo asciutto e soprattutto a temperatura il più possibile costante, le classiche cantine delle case di campagna sono in effetti i luoghi ideali per questa fase.
Rimane la parte, consistente ma non preponderante come in altri animali, della carne vera e propria. Dalla mano sapiente e dai coltelli affilati e precisi del macellaio e di alcuni norcini prendono forma bistecche di collo o di arista, filetto e magari tranci di arista, da condire e mettere in forno insieme alle patate sulle quali abbiamo steso qualche ricciolo di strutto, per un condimento oltre ogni immaginazione gustativa.
Dal fegato, evidentemente, nascono i fegatelli solitamente cucinati con foglie di alloro; dalla pelle le cotiche che si sposano in maniera egregia con i fagioli per una zuppa classica del centro Italia e via via con le diverse specialità di ogni regione. Alla fine della giornata è il momento di recuperare quanto è stato messo a cuocere nel pentolone, una volta disossato e tagliato grossolanamente il tutto finisce in un sacco dal quale, una volta scolato e freddato l'interno, esce la coppa/soppressata ormai pronta.
Del maiale non è rimasto praticamente nulla, tutto è stato lavorato e reso commestibile. Rimangono alcune parti interne che in passato finivano nella 'pentolaccia' con abbondante pomodoro per un piatto prelibato e apprezzato da chi ama i sapori forti. Sapori e odori forti sono anche quelli che si possono apprezzare durante la lavorazione, per i quali ci vuole in effetti uno stomaco capace di reggere a profumi non proprio comuni nella vita di oggi e che, invece, fino a qualche anno fa erano al centro di feste e pasti attesi solitamente un anno. In Italia la vita del maiale, si sa, è breve ma anche per questo il vero 'miglior amico dell'uomo' merita tutto il nostro rispetto e i nostri ringraziamenti. Soprattutto, caro maiale, grazie di…tutto!
Nato nel mondo del vino ho scelto il giornalismo, la comunicazione, come mia professione e passione principale. Poi, con il tempo e le esperienze, le...
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