La regione pedemontana del novarese presenta una particolarità di eccezionale caratteristica enologica: ogni collina, per microclima e le complessità della composizione del terreno, produce vini dalle tipicità veramente uniche e preziosissime. Sulla sponda sinistra del fiume Sesia, in terreni leggermente più calcarei, che da Grignasco e Maggiora scendono verso Novara attraverso Romagnano, Ghemme, Sizzano e Fara, permettono la produzione di vini di fama secolare. Il vitigno nebbiolo è il più nobile ed antico a bacca nera del Piemonte e sulle colline novaresi ha sicuramente trovato un habitat ideale per esprimere le peculiarità intrinseche che lo evidenziano. Concorre ampiamente ad imprimere le personali tipicità della docg ghemme e restanti doc quali, boca, fara, sizzano ed è presente nella quasi totalità delle sottozone "colline novaresi".
Una copiosa serie di rinvenimenti archeologici di materiale per uso enologico di epoca romana, una critica di Plinio il Vecchio nel più famoso trattato di agronomia che sia stato mai scritto, "Naturalis Historia - libro XVIII°, cap. 25 -", alla produzione del novarese, unitamente ad una lunga e meticolosa documentazione medioevale di come doveva essere coltivata e difesa la vite, testimoniano come la corona di colline vantino una tradizione vitivinicola antichissima. Da pergamene del 1268 in cui si pubblica che nei "Documenti sulla storia del Piemonte" tale vitigno era già coltivato nelle campagne novaresi, mentre Pier de' Crescenzi, metà del 1300, nel trattato "Ruralium Commodurum" riferisce di una particolare uva "…nubiola meravigliosamente vinosa a far da vino ottimo et da serbare et potente molto". Nel 1600, G. B. Croce qualifica il nebbiolo come "regina delle uve nere". Personaggi illustri come Cavour, hanno potuto apprezzare il sizzano, mentre il ghemme era immortalato in un manifesto del 1859 inneggiante all'unione della Lombardia al Piemonte.
La varietà di questo vitigno è molto eterogenea, anche se a volte le diversità dipendono da fattori ambientali. La foglia è pentalobata di media grandezza e di colore verde chiaro, quasi glabra; il grappolo, di media grandezza, ha forma piramidale-alato e semicompatto con acino medio e sferoidale, avente buccia pruinosa di color violaceo scuro e brillante, resistente; polpa succosa di sapore semplice tendente al dolce con netta vena acidula ed astringente. È un vitigno vigoroso a germogliamento precoce con tralci lunghi e si coltiva solo al nord in terreni freschi ed argilloso-calcarei, ma in clima asciutto, soprattutto in zone collinari ottimamente esposte, onde evitare fenomeni di colatura ed ottenere così una buona maturazione dell'uva. Necessita di cure laboriose, ed è per questo che la sua coltivazione si è ristretta in zone dove, per l'alto pregio dei vini che si producono, tale vitigno non è mai stato ne abbandonato e nemmeno espiantato a favore di altri più pratici e meno laboriosi. La vendemmia è decisamente tardiva ed è eseguita prevalentemente a mano di questa uva che localmente è chiamata "spanna".
Boca, la produzione si ha, oltre che nel comune omonimo da cui prende la denominazione, a Maggiora, Cavallirio, Prato Sesia e Grignasco, con nebbiolo dal 45 al 75%, vespolina dal 20 al 40% e bonarda novarese per un max. di 20%. Invecchiamento minimo obbligatorio di tre anni di cui almeno due in botti di rovere o castagno, e successivo affinamento di nove mesi prima dell'immissione al mercato; titolo alcolometrico minimo del 12% ed è doc dal 18/07/1969. Fara, con uve di nebbiolo dal 30 al 50%, vespolina dal 10 al 30% e max. il 40% di bonarda veronese, prodotte a Briona e nel comune omonimo. Doc dal 13/08/1969, invecchiamento minimo di tre anni con passaggio obbligatorio di due in botti di rovere o castagno, ed affinamento di nove mesi; titolo alcolometrico minimo del 12%. Sizzano, doc dal 18/07/1969 con uve di nebbiolo dal 40 al 60%, vespolina dal 15 al 40% e max. 25% di bonarda veronese, prodotte esclusivamente nel comune omonimo. Maturazione ed invecchiamento minimo di tre anni in botti di rovere o castagno; titolo alcolometrico minimo di 12%.
Colline Novaresi, è stata l'ultima denominazione ad avere il riconoscimento della doc - 5/11/1994 - e vanta ben sette sottodenominazioni, di cui solamente una è bianca, che ci apprestiamo a riportare. La zona produttiva è molto vasta e comprende ventisei comuni dell'hinterland novarese, con utilizzo di tutte le tipologie dei vitigni riconosciuti ed autorizzati.
Bianco - vinificato in purezza con uve di erbaluce, localmente detto greco, ha titolo alcolometrico minimo di 11%. Degustato in stretti calici ed alla temperatura di 10-12°C per assaporarne la delicata freschezza ed i sentori di frutta matura e fiori appassiti, secco e tranquillo, in abbinamento con la robiola di Roccaverano, caprino fresco, pesce lacustre e di fiume, è piacevole e gradevole.
Rosso - perfetto uvaggio con minimo 30% di nebbiolo, uva rara minimo del 40% e di vespolina e/o croatina fino ad un max. del 30%; titolo alcolometrico minimo di 11%.
Barbera, almeno 85% del vitigno omonimo con eventuale aggiunta di uve nere raccomandate ed autorizzate, per un titolo alcolometrico minimo di 11%.
Croatina - ottenuta con le uve omonime almeno per 85% e restanti a bacca nere autorizzate e raccomandate; titolo alcolometrico minimo di 11%.
Nebbiolo - localmente chiamato "spanna", è presente per almeno 85% con altre uve sempre a bacca nera autorizzate e raccomandate, per un titolo alcolometrico minimo di 11%.
Uva rara - denominata anche "bonarda novarese", se ne utilizza almeno 85% e restanti uve a bacca nera autorizzate e raccomandate; titolo alcolometrico minimo di 11%.
Vespolina - vitigno prettamente autoctono, così chiamato nella tradizione e storicità agreste novarese in quanto l'acino ricorda la forma dell'addome dell'ape; presente almeno per 85% e restanti uve a bacca nera autorizzate e raccomandate; titolo alcolometrico minimo di 11%.
Ognuna di queste sottodenominazioni rosse, si possono produrre anche nella tipologia "novello".
Questi ottimi rossi, strutturati e corposi, sapidi e ricchi di aromi di confettura di frutti boschivi e prugne cotte, morbidi e caldi di alcol, nonché piacevole finale e sottile retrogusto amarognolo, serviti alla temperatura di 16-18°C in ampi calici per evidenziarne la finezza ed il carattere, sono da sempre abbinati ai tipici piatti locali anch'essi ricchi di sapori e consistenza quali, il toma e bra stagionati, raschera, paniscia, ossobuco, bresaola di cavallo e tapulan.
Una presentazione a parte merita la "docg ghemme" - 29/05/1997 - in quanto, pur non godendo di elevata notorietà, si sta facendo apprezzare sempre più, per le personali caratteristiche decisamente accattivanti e piacevolissime. Prodotto esclusivamente nel comune di Magnano con selezionatissime uve di nebbiolo per il 75%, congiuntamente a vespolina e/o uva rara per un max. del 25%; titolo alcolometrico minimo del 12% ed invecchiamento minimo obbligatorio di tre anni di cui venti mesi in botti di rovere o castagno, ed affinamento minimo di nove mesi, mentre per la tipologia "riserva", sono quattro anni e venticinque mesi di maturazione in legno ed affinamento sempre di nove mesi, avente titolo alcolometrico minimo di 12,5%.
Rosso rubino cupo di grande struttura e personalità, magnifici aromi di frutti maturi del sottobosco, caldo di alcol e morbido, elegante e fine per piatti saporiti quali, toma, raschera, bresaola di cavallo, tapulan, agnolotti di carne, bettelmont: rare unicità se bevuto in ampi calici a 18-20°C avendo premura di stappare la bottiglia circa due ore prima.
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