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Alterazioni microbiche dei vini, di Marco Quaini

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Enologia e Viticoltura

Alterazioni microbiche dei vini

di Marco Quaini

Questo tipo di alterazioni sono trasformazioni del vino causate da microrganismi, sono tra le più dannose e pericolose. I primi studi effettuati su queste malattie furono condotti da Louis Pasteur nel 1866, il quale definì le cause con il termine di vegetazioni microscopiche, e ne scoprì il rimedio attraverso la Pasteurizzazione (pastorizzazione). Altri studi successivi verreno fatti da Muller Thurgau e da Osterwalder (1915).

Oggi le alterazioni microbiche sono divenute prevedibili e curabili, grazie ad una diminuita incidenza economica, e soprattutto grazie al progresso enologico dell'ultimo secolo. Gli aspetti del progresso enologico che hanno maggiormente influito nel trovare rimedi alle malattie del vino, sono stati inizialmente gli studi di Pasteur, e successivamente l'impiego dell'anidride solforosa, e la possibilità del controllo termico. Sebbene siano i microrganismi, i responsabili di queste malattie, la presenza di questi ultimi nel vino non è in assoluto indice di alterazione. Indubbiamente il vino è per sua natura un buon terreno di coltura per i microbi, soprattutto quando questo abbia le suddette caratteristiche:

1) pH alto
2) basso grado alcolico
3) residuo zuccherino
4) assenza di anidride solforosa
5) temperature elevate
6) ricchezza di sostanze nutritive.

La diagnosi delle malattie microbiche, può avvenire attraverso l'esame microscopico, ma sovente è un'indagine troppo tardiva, è pertanto preferibile diagnosticare la malattia da un punto di vista chimico ricercando i principali componenti spia (acido acetico, acido lattico, e acetaldeide) unitamente ad un esame di tipo organolettico.


ALTERAZIONI AEROBE

Acescenza

L'agente responsabile di questa malattia è il Micoderma aceti, ovvero alcuni acetobatteri (bastoncelli e cocchi, GRAM -, aerobi) che possono essere di due tipologie:

Acetobacter: caratteristico dei vini, sono batteri iperossidanti. (A. Aceti, e A. pastorianus)
Gluconobacter: tipici dei mosti, sono batteri ipossidanti (G. oxidans)

Gli habitat ottimali per gli acetobatteri sono le uve, specialmente se lesionate, e la cantina quando l'igiene è carente. Il chimismo di questa malattia prevede la trasformazione di alcune sostanze ad opera degli acetobatteri:

- Alcool etilico --> viene ossidato ad acido acetico e acqua.
- Acidi fissi --> anidride carbonica e acqua
- Glucosio --> acido gluconico
- 2-3 butandiolo --> acetoino
- Alcoli superiori --> acidi corrispondenti

A livello organolettico, ciò che si percepisce al naso è l'acetato di etile, e non l'acido acetico, il quale si percepisce a livello gustativo in gola. E' comunque possibile riconoscere analiticamente l'acido acetico attraverso la cromatografia. I composti spia dell'acescenza, sono principalmente l'acetaldeide, l'acetoino, i composti chetonici e l'acetato di etile. Le condizioni di sviluppo sono legate all'aria (-->O2), alla temperatura (18°C - 34°C), alla percentuale di alcool etilico presente (se > 12% oppure > 14% in presenza di zuccheri), il valore di pH (inibente se < 3,1, e il tenore in anidride solforosa (inibente se > a 100 mg/l di solforosa totale, e > a 20 mg/l di solforosa libera). La prevenzione per questa malattia, può essere riassunta in quattro importanti punti a cui prestare attenzione:

1) Cernita della uve
2) Igiene di cantina
3) Follature o rimontaggi frequenti
4) Colmature

E' possibile curare la malattia, fino a quando l'acidità volatile non superi il tenore del 2‰.
Il primo passo fondamentale è quello di bloccare l'alterazione, effettuando una pastorizzazione, oppure una microfiltrazione, e addizionare anidride solforosa. L'intervento successivo, può essere quello del taglio, o quello della rifermentazione con opportuni lieviti (riducenti).


Fioretta

Questa malattia è causata da una specie di lieviti che vanno sotto il nome di Mycoderma vini, e nella fattispecie: Candida vini, Pichia Menbranifaciens, Pichia Anomala, e dai Brettanomyces.
I vini maggiormente soggetti a questa malattia, sono quelli poveri di alcool etilico (< 12% vol.), che a causa di un eccessivo arieggiamento, oppure una conservazione in contenitori scolmi, creano le condizioni ideali per lo sviluppo di questi lieviti. Questi lieviti sono inoltre condizionati anche da altri fattori, quali la temperatura (resistono a temperature < 5°C), pH bassi che ne limitano in parte lo sviluppo, così come l'anidride solforosa. Il vino che subisce questa malattia, risulta come se fosse annacquato; in quanto si nota un calo evidente di etanolo, che viene trasformato in anidride carbonica e acqua, un calo degli acidi fissi, minor tenore in zuccheri (se presenti), minor tenore in esteri e polifenoli. I composti spia di questa alterazione sono l'acedaldeide e l'idrogeno solforato.

E' possibile prevenire questa malattia, non trascurando l'igiene di cantina, monitorando le colmature, e pertanto verificando anche la buona tenuta delle guarnizioni dei contenitori "semprepieno". Per quanto riguarda l'imbottigliamento, può essere un rimedio l'imbottigliamento a caldo, mentre per quanto concerne il vino sfuso, è molto importante utilizzare i "flor-stop", ovvero quelle pastiglie che si mettono nelle damigiane o altri contenitori (> 20 l) costituite di isosolfocianato di allile (essenza di senape). In alternativa si può impiegare preventivamente un fungistatico, l'isosorbato di potassio, il quale ha però la controindicazione di apportare al vino un odore non proprio gradevole di geranio. Le cure, non sempre risolvono il problema, ma spesso ne limitano i danni. Innanzitutto è opportuno separare la patina biancastra che si forma sulla superficie del vino, successivamente si può provare ad arginare la malattia tramite filtrazione o pastorizzazione, ed in fine tagliare il prodotto curato con altro vino esente da problemi per migliorarne le caratteristiche organolettiche.


ALTERAZIONI ANAEROBE

Queste malattie "in profondità", sono provocate da batteri lattici eterofermentativi (sia cocchi che bastoncelli), e da batteri lattici anaerobi facoltativi.

Fermentazione Mannitica

Questa malattia, di sicuro non più molto frequente, viene anche detta "agrodolce" e nella sua forma attenuata viene chiamata "spunto lattico". L'agente responsabile è il Bacterium mannitopoeum (lactobacillus e cocchi). Gli effetti organolettici riscontrabili di questa malattia sono svariati: all'esame visivo si nota una certa torbidità, unitamente a riflessi sericei (azzurrognoli), all'esame olfattivo si percepisce un odore di frutta stramatura o cotta, e all'esame gustativo si avverte un gusto agrodolce, il gusto agro è dovuto agli acidi lattico e acetico, mentre il gusto dolce è dovuto dagli zuccheri e dalla mannite. Questa alterazione è più frequente nelle zone a clima caldo, dove possono avvenire arresti di fermentazione dovuti alla morte dei lieviti, questi ultimi lasciano così lo spazio ai batteri lattici "termofili" che resistono a temperature anche superiori ai 30°C, ed avviano in questo modo lo spunto lattico.

Il chimismo di questa malattia prevede la trasformazione di:
3 molecole di fruttosio --> 2 molecole mannite + 1 ac. acetico + 1 acido lattico + CO2

A fine fermentazione o in fase di conservazione, anche pochi g/l di zuccheri, possono essere trasformati negli acidi sopradescritti, dando luogo allo spunto lattico. Questo è riconoscibile a livello sensoriale, in quanto gustativamente si percepisce un'acidità simile a quella dello yogurt, unitamente ad un finale caseare. In effetti i rischi sono frequenti, in quanto i lieviti saccaromiceti sono per loro natura glucosofili, ovvero prediligono nutrirsi di glucosio e tralasciare il fruttosio, il quale costituisce spesso il residuo zuccherino nei vini secchi. E' possibile prevenire la malattia, acidificando con acido tartarico, mantenendo sempre ad un punto ottimo il livello di anidride solforosa. Eventualmente può essere utile la refrigerazione, ma la migliore prevenzione resta quella di riuscire, per quanto possibile, ad esaurire tutti gli zuccheri.


Filante


L'agente responsabile di questa malattia piuttosto rara è lo
"Streptococcus mucilaginosus" --> Pediococcus damnosus.
Questa alterazione viene considerata meno grave rispetto alle altre, in quanto labile.
Le cause sono dovute ad uno scarso impiego di anidride solforosa, a pH del vino elevati (scarsa acidità). Per molto tempo è stata frequente nelle zone caldo-temperate come ma liguria, e la regione cognac.
Gli effetti organolettici, specialmente nei vini bianchi con residuo zuccherino, sono visibili in quanto dal legame dei batteri responsabili con gli zuccheri si nota una netta viscosità del vino, infatti il nome filante deriverebbe dal fatto che quando il vino viene versato nel bicchiere non "canti" come dovrebbe, bensì "fili" come se fosse olio. A livello guastativo si avverte un gusto rancido dovuto all'acido acetico e al diacetile.
La viscosità è appunto dovuta al fatto che dal glucosio si formino dei ß-glucani (o destrani) sostanze gelatinose che aumentano la densità del vino.
Si può prevenire la malattia, completando la fermentazione, acidificando, e solfitando.
Le cure possibili, sono il travaso (o scuotimento) per riuscire a spezzare la maglia di glucani, ristabilendo quindi il vino ad una condizione pressoché normale. Qualora quest'ultimo intervento non sia sufficiente è possibile tentare la cura avviando una rifermentazione.


Girato


Questa malattia non frequente, viene anche detta fermentazione tartarica, l'agente responsabile è il "bacterium tartarophtorium" (batteri lattici inquinanti). Le condizioni di sviluppo sono riassumibili in 6 punti principali:

1) Vini rossi
2) Vini del sud
3) Climi estivi
4) Vini deboli (pH > 3,5)
5) Vini trascurati
6) Relativa termofilia

Gli effetti sono pressoché devastanti, in quanto questa alterazione salva nel vino soltanto l'alcool etilico. Precipitano gli antociani, con relativa diminuzione del colore, e si verifica un aumento dell'anidride carbonica. A livello organolettico, si percepisce all'olfatto un odore pronunciato di aceto (acetali), e al gusto un'acidità smorzata, un vino piatto, spunto, con gusti marcescenti e di putrefazione.
La prevenzione segue le tradizionali norme, ovvero l'igiene di cantina, il fresco, e l'impiego dell'anidride solforosa. La cura è possibile solo quando la malattia sia all'inizio del suo decorso, in questo caso è possibile bloccarla attraverso filtrazione o pastorizzazione e successivamente smorzare le caratteristiche negative apportate dal batterio, attraverso il taglio del vino.


Amarore o Amaro

L'agente responsabile di questa malattia è il "Bacillus amaracrylicus" --> lactobacillus e clostridium (se bacillus sporigeno è clostridium in quanto anaerobo).
Gli effetti organolettici sono facilmente percettibili: all'esame visivo si notano riflessi giallognoli, e relativo intorbidamento; a livello gustativo i vini colpiti risultano acetosi e sgradevolmente amari. Il chimismo prevede che la glicerina si trasformi in acroleina combinata con alcuni polifenoli (tannini), ne risulta un gusto marcatamente amaro. L'unica prevenzione possibile, è l'impiego di anidride solforosa ad ogni travaso. Per quanto concerne la cura, questa è attuabile se l'alterazione è poco accentuata, attraverso il taglio e la rifermentazione.

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Marco Quaini

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Nasce a Genova il 16 ottobre 1975. Inizia il suo percorso nel mondo del vino negli anni '90 iscrivendosi ai corsi sommelier AIS. Affascinato...

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