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Il Pesto, origini e storia

di Virgilio Pronzati

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Benché la Liguria sia un frastagliato arco sul mare, a caratterizzare la gastronomia ligure non è il pesce ma sono le erbe aromatiche. L'uso delle erbe aromatiche da parte dei liguri risale al Medioevo, ai tempi delle Repubbliche Marinare, poiché le spezie erano di quasi esclusivo monopolio dei veneziani, acerrimi nemici. Ad onore del vero, nonostante l'ostilità verso i veneziani, i ricchi genovesi condivano i loro grandiosi banchetti con le spezie, mentre la gente povera per insaporire minestre e brodaglie, usava, facendo di necessità virtù, le erbe aromatiche. Da qui, lungi ancora dal conoscerne i pregi, le genti liguri continuarono ad usarle in cucina. Un'antica tradizione che, sebbene diversi secoli dopo, da origine al pesto. Una salsa fredda, estemporanea, sinonimo e simbolo di Genova e dell'intera Liguria, che da alcuni decenni è tra le salse più conosciute e diffuse nel mondo. Come ormai noto, a rendere unica questa salsa è il basilico genovese, ossia tre delle 69 varietà di una pianta annuale della famiglia delle Labiate che crescono spontanee in Asia, Africa e America centrale, ma da secoli diffusasi in quasi tutti i continenti, in particolare nel bacino del Mediterraneo, con epicentro la Liguria dove, pur non crescendo spontaneamente, esprimono degli aromi esclusivi, conferiti dalle particolari condizioni pedoclimatiche.

Alcune schede di valutazione / degustazione per pesto e basilico da me redatte :

Scheda profilo sensoriale basilico genovese
Scheda valutazione basilico genovese
Scheda valutazione pesto classico genovese
Scheda degustazione pesto classico genovese


Il regale basilico

Chiamato in dialetto Baxaicò e Baxeicò e comunemente "basilico" (dal latino basilicum), il suo vero nome botanico è "Ocimum basilicum", derivato dal greco òkimon = basilico e basileus = re: vale a dire erba regale. Anticamente in Grecia era coltivato in vasi come pianta ornamentale, lo stesso, ma anche per le virtù curative, dagli Arabi. In India era considerata una pianta sacra. Molte delle sue specie sono usate sia in cosmetica sia in medicina. Solo in Liguria era già usato in cucina. Le varietà di basilico coltivate in Liguria e che appartengono alla varietà Typica sono prevalentemente: basilico genovese gigante, basilico genovese nano e basilico genovese comune. Gli aromi caratteristici sono derivati dagli oli essenziali contenuti nelle vescicolette della pagina superiore della foglia: estragolo max 87%, linalolo max 75%, eugenolo max 20%, tannini max 6%, saponina acida, monoterpeni, sesquiterpeni, fenilpropani, flavonoidi, acido caffeico ed esculoside. Le zone di maggiore produzione in Liguria, sono in pieno campo, nella provincia di La Spezia, in particolare nel Sarzanese e, in misura minore, ad Albenga e Andora nel Savonese, con circa 240 ettari. Invece nelle serre, oltre la provincia di Savona con l'Albenganese, seguono in misura minore, il Genovesato e l'Imperiese, con oltre 180 ettari. La migliore zona produttiva del basilico nel Genovesato, è la delegazione di Prà, vero e proprio "cru" del basilico genovese. Il fatturato medio annuo ricavato dalla vendita del basilico prodotto in Liguria, si attesta intorno agli 8 milioni di euro. Purtroppo è presente sul mercato italiano, del basilico mediocre e a basso prezzo, proveniente dalla Cina. Dell'altro, arriva da Israele e Cile.


Coltivazione del basilico

Nelle poesie o novelle dialettali di poeti liguri come il Firpo e più recentemente dallo scomparso Vito Elio Petrucci, il basilico per fare il pesto si coltivava in una latta posta sul davanzale di una finestra, di fronte al mare per carpire gli umori salsi e il calore del sole. Dopo il secondo nefasto periodo bellico, oltre la coltivazione in pieno campo, il basilico fu coltivato razionalmente in locali protetti, vale a dire in serre. Sistema ormai ampiamente diffuso per avere l'aromatica piantina quasi ogni giorno dell'anno. Ovviamente con costi diversi, siccome d'inverno le serre sono riscaldate. Il terreno delle serre o in pieno campo dove sarà seminato il basilico dovrà avere un PH quasi neutro, lavorato profondamente, integrato di concime organico, previo analisi del terreno, e disinfestato con prodotti chimici permessi dalle vigenti leggi. Diverse le caratteristiche del basilico secondo il metodo usato: in pieno campo (da aprile a settembre) la piantina sottoposta all'azione diretta dei raggi del sole, ha maggiore vigoria, foglie più grandi e più verdi e, un aroma più intenso e penetrante. La raccolta, estirpando la piantina, avviene circa dopo 30 giorni. Per il prodotto destinato all'industria, le piantine sono cimate ad un'altezza dal suolo, dopo 60 giorni dalla semina, con intervalli successivi di circa 20 giorni. In serra, la raccolta del basilico estirpato, avviene dopo circa 25-30 giorni in estate e 70-90 giorni in inverno. Le piantine, sono più esili con foglie verde chiaro e dall'aroma fine ma persistente. Quindi il pesto che si otterrà dai due tipi di basilico sarà ovviamente diverso. Entrambi buoni, ma con maggiore equilibrio quello ottenuto da piantine allevate in serre, in quando non esposto all'aumento della temperatura solare che, spesso, ne avvia un processo di ossidazione enzimatica delle sostanze coloranti ed aromatiche, quest'ultime contenute nella parte superiore delle foglie.


Il Pesto

Il pesto, dando un dispiacere a presunti esperti gastronomi (lo indicano discendente del "garum". Sic!) non è antichissimo. La sua nascita risale al primo trentennio dell'Ottocento, quando Giovanni Battista Ratto, raffinato gourmet, ne cita la ricetta (sia pure approssimativa, con una stranezza: l'impiego di formaggio olandese, poi fortunatamente sostituito) nel suo libro "La cuciniera genovese", edita a Genova dai fratelli Pagano nel 1865. Successivamente, a distanza d'alcuni anni, copiandone la ricetta ed aggiungendone molte altre (troppe), Emanuele Rossi da alle stampe il suo volume "La vera cuciniera genovese facile ed economica ossia Maniera di preparare e cuocere ogni genere di vivande". Nel 1910, Emerico Romano Calvetti, facendo una stringata sintesi delle due cuciniere, dà una sua versione, citando la ricetta n° 39, la battuta o savore d'aglio. Infatti, da ricerche serie, il pesto deriva dall'aggiadda (agliata); una salsa a base d'aglio pesto con aceto, olio d'oliva e sale, risalente al 1200, che serviva per conservare meglio i cibi cotti e per coprire gli aromi e sapori di carni troppo frollate o già con inizio di putrefazione.

La ricetta

Dosi e ingredienti per 6 persone: 8 folti mazzi di basilico genovese di Prà (o di altre località del Ponente); 3 spicchi d'aglio di Vessalico (comune in provincia di Imperia); 35 gr si pinoli di Pisa prima scelta; 50 gr di Parmigiano Reggiano Dop di 24 mesi; 10 gr di Pecorino Sardo Dop di 15 mesi; 2 gr di sale grosso marino; 7-8 cl di olio extravergine Riviera Ligure Dop (dolce e maturo).
Preparazione: togliere le foglie di basilico dalle piantine, lavarle e farle asciugare su carta assorbente o nella centrifuga, facendo attenzione a non schiacciarle. Porre l'aglio già mondato nel mortaio, pestarlo col pestello di bosso o di frassino fin tanto da ridurlo in poltiglia e, così, anche per i pinoli. Unire il basilico e il sale e schiacciare - senza più pestare - a lungo roteando, sino ad ottenere un composto omogeneo. Aggiungere i formaggi e, sempre rimestando, incorporare l'olio versato a filo. Se il pesto fosse troppo denso, diluirlo con un cucchiaio d'acqua calda della cottura della pasta. Caratterizza diversi primi piatti di pasta fresca e non della cucina genovese e ligure, come trenette, lasagne, gnocchi, troffiette e, non ultimo, il classico minestrone. Avvertenze: le foglie, necessariamente asciutte, non devono minimamente essere stropicciate, perché le vescicolette contenenti gli oli essenziali poste sulla pagina superiore della foglia, rompendosi, provocano un'ossidazione del colore e degli aromi, rendendo prima il pesto verde scuro o verde sbiadito-marrone, e poi con note verde-nero, dall'aroma solamente erbaceo. Il pesto fatto nel frullino elettrico, a parte che viene una salsa emulsionata simile ad una crema, scaldandosi per l'alta velocità si ossida in parte anch'esso e fa quadruplicare l'effetto piccante dell'aglio. Il mortaio era e deve rimanere un attrezzo di cucina, poiché l'aglio pestato nel mortaio non si scalda; inoltre il sale messo assieme alle foglie di basilico, sotto l'azione roteante del pestello, le sminuzza finemente e, essendo il sale igroscopico, ne rallenta l'ossidazione. I pinoli, considerandoli un'aggiunta fatta verso la fine del 1800, possono essere anche facoltativi. Obbligatorio invece l'aglio, che trova perfetta armonia col basilico genovese. Chi lo toglie (Dio lo punisca) abbia l'onestà di non chiamarlo più pesto, ma semmai salsa al basilico. Infine, perché l'olio deve essere maturo e dolce? Semplice: l'olio oltre a far da solvente per le sostanze aromatiche, conferisce il perfetto amalgama, esaltando l'aroma del basilico ed attenuando il piccante dell'aglio. I primi piatti col pesto esigono, essendo una salsa fredda e quasi vegetale, vini bianchi giovani, profumati, secchi ma morbidi e freschi, delicatamente caldi, pieni e continui come il Riviera Ligure di Ponente Pigato e il Collio Sauvignon, serviti a 10-11°c in calici medi con stelo alto. Un vero e proprio matrimonio d'amore: l'ampio profumo e la morbidezza del vino, contengono ed esaltano rispettivamente, l'aromaticità del basilico e l'imperiosità dell'aglio.

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Virgilio Pronzati, giornalista specializzato in enogastronomia e già docente della stessa materia in diversi Istituti Professionali di Stato...

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